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Messaggio  Admin Sab Ott 18, 2008 1:32 pm

Il Collegio dei Dirigenti di Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado hanno approvato all’unanimità la seguente lettera aperta

Queste riflessioni nascono dal bisogno, come Dirigenti scolastici, di offrire un contributo in un momento particolarmente difficile per la scuola pubblica italiana.
È nostra convinzione che qualsiasi riforma scolastica debba basarsi su fondamenti pedagogici riconosciuti e condivisi.
Ci piace ricordare che i programmi del ‘79 della scuola media, dell’85 della scuola primaria e gli orientamenti del ’91 della scuola dell’infanzia hanno segnato un forte ammodernamento della scuola italiana.
Bruner e Vygostky sono solo due degli autorevoli autori che hanno ispirato questi importanti documenti.
Essi sono stati considerati, e per molti versi lo sono ancora, punti di riferimento per il mondo dell’educazione anche fuori del nostro paese e hanno richiesto un radicale cambiamento del modo di insegnare.
Accanto allo sviluppo del pensiero pedagogico abbiamo assistito negli ultimi decenni a profondi cambiamenti della nostra società che vanno dalla presenza sempre più consistente delle donne nel mondo del lavoro, dalla crescita del fenomeno delle separazioni, all’inserimento nelle classi degli alunni diversamente abili e di quote via via crescenti di alunni stranieri.

L’introduzione del team docente nella scuola primaria nasce proprio dall’impossibilità per un unico insegnante di farsi carico della complessità dell’insegnamento (questo era stato segnalato dalla lettera accompagnatoria ai programmi dell’85). Analogamente il tempo pieno è una risposta ai bisogni reali delle famiglie.
E non sembra riproponibile ai giorni nostri l’assunto che la scuola primaria abbia come unico scopo l’imparare a leggere, a scrivere e a far di conto.
Come ben sanno i genitori e come le viene richiesto sia dalla Riforma Moratti che dalle Indicazioni di Fioroni essa si propone una crescita educativa globale, lo sviluppo del senso critico, la capacità di selezionare le informazioni, di affrontare e risolvere problemi, di vincere la sfida dell’integrazione multiculturale e della disabilità. Contemporaneamente essa è impegnata a far apprendere agli alunni i nuovi linguaggi multimediali, ad appropriarsi di una lingua straniera e a renderli cittadini consapevoli.
Ben venga a questo proposito il richiamo all’educazione civica da parte del legislatore, punto fermo anche nei precedenti programmi.
Anno dopo anno si è chiesto alla scuola di formare i ragazzi in sempre nuovi campi, dall’educazione alimentare a quella stradale, da quella affettiva a quella ambientale.
Se 27, 30 o 33 ore vengono oggi considerate eccessive, come potremmo affrontare tutte queste educazioni con sole 24 ore settimanali?
Inoltre la scomparsa delle ore di compresenza renderà difficile lavorare con piccoli gruppi di bambini per seguire gli alunni in difficoltà, non faciliterà certo l’integrazione degli alunni stranieri che sempre più colorano le nostre scuole e non aiuterà la scuola a migliorare gli standard d’apprendimento.
Possiamo infine chiedere ad un unico insegnante di gestire classi sempre più numerose (fino a 28-30 ragazzi), quando gli stessi genitori chiedono allarmati come i docenti siano in grado di affrontare quattro ore di scuola con i figli che ben conoscono?
La scelta del maestro unico e il ritorno dei voti decimali non rispondono certo, a nostro giudizio, ai veri bisogni della scuola italiana.

Il voto di condotta e la votazione decimale risolvono il problema della maleducazione e del bullismo e rendono la valutazione più chiara e trasparente? Noi non ne siamo convinti. Il voto numerico, da solo, è incapace di esprimere la complessità e la qualità dei percorsi di apprendimento e di maturazione individuali.
Il testo di legge approvato dalla Camera rischia di banalizzare problemi complessi, meritevoli di un confronto, senza pregiudiziali, con i professionisti della scuola.

Non vogliamo, in questa riflessione ad alta voce, tacere il fatto che nel mondo della scuola ci sono aspetti da riformare e sprechi da eliminare.
Restiamo tuttavia convinti che i docenti devono essere considerati una risorsa, perché non sono le nuove tecnologie a permettere il salto di qualità all’interno delle Istituzioni scolastiche, ma la professionalità degli insegnanti.
Siamo fermamente convinti di come l’educazione debba essere considerata dalla società un capitolo su cui investire, non un capitolo di spesa su cui intervenire mediante tagli.
Investire nella scuola significa offrire un futuro ai nostri figli.
Per questi motivi come Dirigenti scolastici chiediamo maggiori investimenti nella formazione degli insegnanti, la possibilità di allontanare i docenti che non si dimostrano all’altezza della professione che esercitano e una vera autonomia scolastica.
Nel contempo è indispensabile favorire il ricambio generazionale, fattore determinante per il rinnovamento di ogni Istituzione.
Infine ci preme sottolineare che nessuna riforma avrà successo se non verranno coinvolti gli insegnanti, la maggior parte dei quali ha dedicato le migliori energie, idee e speranze in questo lavoro che per molti è una missione.
Il patrimonio di risorse presente nella scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di 1° grado non può e non deve andare disperso ed è per questo che chiediamo ai politici di confrontarsi con i professionisti della scuola e ai genitori di appoggiarci in questa opera di convincimento in modo da riscrivere una riforma che rischia di creare gravi danni al sistema scolastico italiano e rendere ancora più difficile la vita alle famiglie.

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